domenica 18 dicembre 2011

Nicaragua, Nicaraguita.


Verso il sud, la Banana entra in Nicaragua!

La cittá di Leon è la prima tappa; Leon bella, Leon rivoluzionaria, viva Leon carajo!


Ed effettivamente finiamo a dormire al Museo della Rivoluzione (sí, dentro al museo!) un edificio dai soffitti altissimi, colonne in stile greco, antiche porte di legno e un cortile, dove un gruppo di anziani combattenti guerriglieri ci mostrano le loro ferite di guerra e ci raccontano gli anedotti della guerriglia sandinista.


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IN UN OSPEDALE NICARAGUENSE

Circa una volta all'anno, inizia a prudermi. Qualche anno mi facevo cogliere di sorpresa ma ora sono abituata e ai primi sintomi lo riconosco: infezione alle vie urinarie. In Salvador mi auto-medicavo chiedendo in farmacia l'antibiotico necessario. Avevo smesso di andare dal medico dopo l'esperienza di Sensuntepeque, dove avevo dovuto litigare con un pseudo dottore che dopo aver provato a ricoverarmi nella sua clinica privata, mi aveva ricettato 8 tipi di medicine diverse e si era arrabbiato enormemente al mio rifiuto di comprarle ovviamente nella sua farmacia privata e carissima. Non potevo accettare che le cure mediche fossero cosí care, spudoratamente lucrative per medici e case farmaceutiche.


Fatta questa premessa, arrivo in Nicaragua ed inizia a prudermi. Mi dicono che c'è un ospedale a un isolato dalla piazzetta centrale e un pó per curiosità, un pó per necessità mi infilo dentro, con una sensazione che me ne sarei pentita.


Dopo l'accettazione mi mandano con un foglio complilato a mano a una posta chiusa che dice semplicemente “medicina”. Busso, mi aprono uno spiraglio di porta da cui riesco a spiare un sovraffollamento preoccupante. Prendono il foglio e prima di sbattermi la porta in faccia riesco a sentire: "La chiamiamo noi!".

Mi siedo insieme a decine e decine di persone, in un grosso salone verde scuro le cui pareti avrebbero avuto bisogno di una rinfrescata. Quanto dovró aspettare io per una infezione? Sono le otto di sera e mi preparo a passare buona parte della notte in ospedale, ma qualcosa mi diceva di restare.

Invece, dopo una mezzora, una infermiera grida il mio nome non senza qualche storpiatura. Entro nella stanza sovraffollata: c'è una anziana in gravi condizioni con sua figlia che piange mentre parla con una dottoressa, ci sono vari medici, tutte donne e vari pazienti, tutti insieme appassionatamente. La mia dottoressa è giovane e sorridente "Mi chiamo Jaqueline e sono studentessa di medicina al sesto anno".

Le spiego i miei sintomi ed inizia a visitarmi su una sedia, quasi non posso muovermi, circondata da altri medici e pazienti e non riesco a smettere di guaradre la vecchia in condizioni gravi.

Jaqueline mi ascolta e dice che sono necessari delle analisi di urina e sangue per confermare che si tratti una infezione alle vie urinarie. Mi manda al laboratorio, al secondo piano, con due striscioline di carta scritte a mano. Un altro praticante mi prende il sangue, è lento ma delicatissimo. In un cesto trovo dei barattoli di vetro (tipo barattoli di olive o marmellata) nel quale devo fare la pipí: il bagno è chiuso e devo fare la pipí in fondo a un corridoio buio "Venga a prendere i risultati: li lasciamo su questo tavolino tra due ore!".

Invece dopo una ora erano giá pronti, li trovo lá dove indicato. Scendo di nuovo e Jaqueline mi riceve immediatamente, mi spiega tutti i valori e il loro significato e alla fine mi ricetta degli antibiotici e delle pastiglie per la febbre, nel caso mi venisse. Nella farmacia dell'ospedale mi danno tutto.

Conclusione: ospedale pubblico gratuito e, nonostante i vasetti delle olive, di buona qualitá. Successivamente scopro che in Nicaragua anche l'educazione è pubblica e gratuita, che l'acqua del rubinetto è perfettamente potabile, che di notte la gente esce perché la cittá è sicura, che il Municipio organizza una sfilata di costumi tipici... tutte cose per niente scontate da questa parte dell'oceano.

E mi ricordo di una canzone che dice: Nicaragua Nicaraguita, pero ahora que ya sos libre te quiero mucho más (Nicaragua, ora che sei libera, ti amo ancora di piú.).

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RISERVE NATURALI

Dicevamo che in Nicaragua non sarebbe stato facile lavorare. Incece, come sempre, tutto il contrario!

Arriviamo ospiti qua a MontiBelli, alle pendici del vulcano di Masaya. Una ex fazenda di caffè, abbandonata negli anni 80 a causa del crollo dei prezzi, con l'abbandono è stata occupata dal bosco e dagli uccelli ed quando la famiglia Belli, di origini italiane, l'ha comprata ha deciso di farne una riserva naturale privata di circa 20 ettari, con delle calde costruzioni di legno che fungono da stanze per gli ospiti e ristorantino.


Dalle seggiole a dondolo sulla veranda si possono osservare uccelli di tutti i colori che vengono a bere a dei vasi di ceramica; un albero centenario stende i suoi rami di oltre 30 metri, come una mano che acchiappa la luce del cielo. Non potevamo credere ai nostri occhi quando ci hanno messo a disposizione le stanze con enormi finestre sul bosco e una tavola imbandita con la cena pronta. Ci hanno offerto ospitalitá in questo luogo a cambio di uno spettacolo in una scuola qui vicina.

Al guardarci intorno Ana ed io abbiamo iniziato a urlare di felicitá, per poi renderci conto che ci sentivano tutti!!!


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