martedì 11 dicembre 2012

Rio delle Amazzoni arrivo!!!


L'AMORE NON È BELLO...

Al nostro arrivo in Perú, a fine novembre, Massi e io prendemmo una piccola rivoluzionaria decisione: passare un paio di settimane separati. Niente di grave ma da quasi due anni passiamo insieme 24/7, una convivenza tra l'altro in uno spazio ridotto e in condizioni emozionali “sovra-esposte” come quelle del viaggio. Se a questo si aggiunge la necessitá di lavorare assieme... si salvi chi puó!

Per questo, dopo alcuni giorni passati nelle grandi spiaggie del nord del Perú (Mancora, Organos, Punta Sal), dove un terra rossa e bruciata dal sole si incontra con l'oceano Pacifico, Nico preparó lo zaino con un unico obbiettivo: attraversare la selva peruviana e arrivare a Iquitos in barca.

NAVIGANDO PER IL RIO DELLE AMAZZONI

Iquitos è una cittá nella selva amazzonica del Perú, la città più grande al mondo dove non si può arrivare in auto, ma solo in aereo o in barca. Via fluviale, per chi viene da nord, vi si arriva navigando il Fiume Marañon a partire da Yurimaguas; da sud invece il punto di partenza è Pucallpa.

Arrivai al porticciolo di Yurimaguas e mi imbarcai sulla motonave fluviale “Eduardo VI”: una tavola di legno faceva da ponte con la terra ferma e su una lavagna c'era scritto a gesso “Partenza domani, ore 3, senza dubbio”.

Il viaggio duró due giorni e tre notti, l'imarbazione era stracolma di esseri umani e mercanzie. La maggior parte delle persone dormiva in amaca tutti attaccati gli uni agli altri. A differenza di quanto immaginassi, la vita a bordo era abbastanza vivace: tre cuochi gay cucinavano e servivano i pasti ai passeggeri, i vicini di amaca ti stavano cosí vicini che era impossibile non iniziare a chiacchierare e si formó una specie di famiglia contingente.

Molti viaggiano per lavoro, altri per andare a trovare la familia, altri sembrano che viaggino solo per convertire i peccatori a Dio e poi c'era uno sparuto gruppo di turisti che con gli occhi strabuzzati osservavano dall'alto le operazioni di carico e scarico: giocattoli, banane, centinaia di casse di birra e gazzose dai colori improbabili, casse di frutta e manghi, frigoriferi e schermi LCD che venivano fatti rotolare fino a terra. Passai il viaggio saltando da una conversazione all'altra, da una storia all'altra, da una vita all'altra mentre il fiume avanza deciso e una linea di selva sfila senza interruzione tra cielo e acqua. “Wow, che avventura!” pensavo tra me e me, ma ancora non sapevo che il bello doveva ancora arrivare!




CINQUE MINUTI AD IQUITOS

Molti viaggiatori navigano a Iquitos e poi proseguono per il Rio delle Amazzoni fino al Brasile, un viaggio spettacolare che dura oltre una settimana. Io certamente non potevo porchè dovevo tornare a Quito e qualcuno mi mise la idea che da Iquitos era possibile navigare anche fino all'Ecuador, ma nessuno sapeva infomazioni precise a riguardo e sembrava che l'imbarcazione per l'Ecuador partisse solo un paio di volte al mese. Arrivammo a Iquitos di lunedí, alle 4.30 del pomeriggio e come in accadeva in ogni porto, uno sciame di venditori ambulanti, pseudo-guide turistiche e personaggi vari si accalcavano intorno ai turisti per vendere loro qualche albergo o tour della selva. Chiesi a uno di loro e mi disse che la barca per l'Ecuador sarebbe giusto partita il giorno seguente: wow che fortuna! Comunicai la notizia a José, uno spagnolo che aveva l'intenzione di fare quello stesso percorso. José andó a chiedere informazioni al molo e tornó di corsa gridando: “Corri, corri, la barca per l'Ecuador parte adesso!”. Saltammo da una nave all'altra fino ad una imbarcazione chiamata “Cabo Pantoja”; ebbi giusto il tempo di comprare 3 bottiglie d'acqua e 2 rotoli di carta igienica e salpammo di nuovo. E fu cosí che i miei piedi toccarono il suolo di Iquitos per non piú di 5 minuti!


Fu subito chiaro che la “Cabo Pantoja” non era propiamente un luogo per turisti. I bagni e la cucina erano una specie di girone infernale, il ponte inferiore era pieno di anime dannate ad un tanfo schifoso e sul ponte superiore si stava svolgendo una riunione familiare ed erano tutti ubriachi. Nonostante ció non eravamo gli unici turisti: oltre a José, lo spagnolo, e a me, italiana, c'era pure Flora, una francese e Joanes, un tedesco. Sembrava il degno inizio di una barzelletta.




OTTO NOTTI IN AMACA

Iniziammo la navigazione che duró otto indimenticabili giorni, la barca avanzava alla velocitá di una bicicletta e si fermava in ogni villaggio per caricare e scaricare merci. Anzi spesso si fermava pure dove non vedevamo nessuna casa e inspiegabilmente uscivano dalla selva uomini, donne e bambini indigeni che, chissá come, aspettavano la barca. 







Il viaggio ci regaló albe e tramonti cosí belli che ci mettevamo a ridere per la felicitá, avventure degne di un libro di Garcia Marquez, tranqullitá e tante belle chiacchierate.





In alcune comunitá potemmo scendere a camminare per la selva, fare il bagno nel fiume e in un villaggio si organizzó addirittura una partita di pallone tra locali e passeggeri. 





L'arrivo della barca era un evento e tutto il villaggio veniva a guardarci, i passeggeri e i locali si salutavano e si conoscevano tutti come fosse un solo paesotto di dimenzioni amazzoniche. 



E poi le notti erano emozionanti, mi fermavo sul ponte quando tutti dormivano, la luna piena illuminava la selva e l'acqua si convertiva in un fiume d'argento, a volte spegnevano i motori e rimanevamo a scivolare sull'acqua in totale silenzio.



PESCANDO PIRANHAS CON LA PULA ECUATORIANA

Ma i regali non erano ancora finiti. Dopo 8 giorni arrivammo in Ecuador dove trovammo che i poliziotti di frontiera stavano chiudendo il loro ufficio per andare a pesca di piranhas nella Riserva Yasuni. 

Senza commentare il fatto che la polizia andasse a pesca in una riserva dove ovviamente pescare è proibito, il fatto è che la Riserva Yasuní è uno dei luoghi piú importanti del pianeta. 

E' una riseva di selva amazzonica primaria che ha la più alta diversità biologica al mondo. Vi vivono alcune delle ultime popolazioni indigene in isolamento volontario, è molto difficile entrarvi, solo hanno accesso biologi e studiosi o turisti disposti a sborsare migliaia di dollari. Questa riserva è stata inoltre protagonista di una iniziativa di conservazione unica al mondo: l'iniziativa Yasuni, appunto, ideata dal governo di Correa (vedete questo video se volete saperne di piú).




Fatto sta che, poche ore dopo, ci trovavamo a pescare piranhas dentro al Parco Yasuni! 



Questo luogo è davvero indescrivibile, uccelli colorati e delfini rosa ci hanno accompagnati fino a una laguna spettacolare popolata di pirahnas, coccodrilli e boa. Assistimmo a un tramonto glorioso e tornammo indietro a notte inoltrata. Fu indimenticabile.




Questa avventura si concluse un paio di giorni quando arrivai a Quito. Quito stava giusto celebrando la sua fondazione ed c'erano concerti, sfilate e feste dapper'tutto; la mia amica spagnola Bea festeggiava il suo compleanno e la mia amica romana Ceci aveva appena partorito la sua prima figlia femmina. I motivi per festeggiare insomma non mancavano!

Ed ora il momento delle note:
NOTA 1 (importante): i guardaparchi beccarono i polizziotti che volevano pescare, cosí sequestrarono le canne, non pescammo assolutamente niente e lo Yasuni rimase illeso. ;-)
NOTA 2 (molto importante): questo testo è solo un frammento di tutto quanto abbiamo vissuto in questo viaggio amazzonico. Se vuoi leggere il testo completo scrivimi e te lo manderó con molto piacere: nicoletta.marinelli@libero.it
NOTA 3 (importantissimo!!!): amiciiiii arriviamooooo! Il 20 di dicembre Massi ed io arriveremo in Italia, speriamo di riabbracciarvi tutti. A presto!

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