martedì 31 luglio 2012

Ritorni e ritorni: la costa nord di Esmeraldas.



REPENTINI CAMBI DI PROGRAMMA

Avevamo giá la valigia pronta per immergerci nella selva amazzonica quando per scrupolo decido di dare una ultima occhiata alla mail. Trovo un messaggio di Mariella del Cecomet che ci invita a partecipare ad una riunione dei promotori di salute che si sarebbe tenuta un paio di giorni dopo a Borbón, nella costa a nord di Esmeraldas, praticamente in direzione opposta alla nostra!
In pochi minuti ci risolviamo per il cambio di rotta e giuuuu in picchiata verso la costa!!! E cosí mentre Ana viaggiava verso l'Argentina e noi verso Esmeraldas, meditavo sui ritorni. Una notte a Santo Domingo de los Colorados, in compagnia di Byron, un amico di vecchia data, e della sua compagna Eva ci aiutano ad immergerci nei ricordi e nella provincia afro dell'Ecuador.  




UNA PREMESSA: COS'È IL CECOMET?

Il Centro di Epidemiologia Comunitaria e Medicina Tropicale (o CECOMET appunto) è una organizzazione di medici italiani che presta cure mediche nella zona nord di Esmeraldas dove la selva tropicale è spolverata da minuscoli villaggi di indigeni Chachi e afro lungo una fitta rete di fiumi che fungono da vie di trasporto e sussistenza.

In quasi 40 anni, il Cecomet ha formato centinaia di promotori di salute e levatrici nei villaggi. Il loro compito è quello di contribuire alla prevenzione delle malattie, prendere nota delle nascite, morti e malattie nel villaggio, prestare le cure mediche basiche ai malati sul posto, seguire i malati cronici (soprattutto ipertesi e tubercolotici) e le gravidanze, riconoscere e trasferire immediatamente tutte le urgenze agli ospedali. Il Cecomet coordina inoltre le visite periodiche dei medici nei villaggi, da formazione e appoggio agli ospedali che si trovano nelle cittadine piú grandi (Borbón e San Lorenzo) e applica un metodo molto interessante di “epidemiologia su base comunitaria”: lo studio delle malattie a partire dal vissuto della gente dei villaggi che ha portato tra l'altro ad una raccolta del sapere delle levatrici tradizionali sulla gravidanza e sul parto.

Credo che questa descrizione risulti povera rispetto a tutto il gran lavoro del Cecomet, cosí come non mi basteranno le parole per descrivere le due donne in cui il Cecomet si personifica: Mariella e Rosanna due dottoresse italiane che hanno dedicato rispettivamente venti e trenta anni alla salute in questi villaggi. Le conoscemmo personalmente sette anni fa, quando la mia amica, neo-dottoressa Maria Rita venne a trovarmi a Esmeraldas e da allora sostenemmo il loro lavoro con Tuttipertutti (i mercatini, le mosciolate, le bomboniere che molti di voi conoscono bene) e grazie al lavoro di volontari e sostenitori, per la veritá pochi ma perseveranti, riuscimmo a mandare loro fondi per pagare una infermiera, il cui ruolo è coordinare ed accompagnare le visite delle brigate mediche nei villaggi. 


UN BELLISSIMO GIORNO A BORBÓN

Sveglia all'alba e caffè Lavazza in tazzina piccola. Poi partenza dalla piazzetta di fronte alla cattedrale in direzione Borbón. Il cielo si rischiarava poco a poco, tingendosi di blu scuro, rosa, viola e poi celeste. La strada che dalla città di Esmeraldas si dirige verso nord, su fino al confine con la Colombia, costeggia l'oceano sulla sinistra mentre a destra è una apoteosi di selva verdissima, palafitte di bambú e piccoli fiumi. L'abbiamo percorsa con allegria e stupore, ascoltando a tutto volume la nostra musica preferita. A Borbón arrivammo alla casa del Cecomet dove Rosanna, Mariella e le loro compagne stavano giá ordinando i viveri e i materiali del corso di formazione. La cucina era piena di banane, arance, papaie, avocato e tantissimo altra frutta tropicale per lo piú dono dei promotori o di abitanti dei loro villaggi che li mandavano in segno di riconoscenza per le cure mediche ricevute.

Rosanna ci aveva chiesto di fare lo spettacolo di teatro in una scuola di Borbón ed ero emozionata perchè per la prima volta Massi ed io avremmo fatto l'opera da soli, da poco reduci dalla partenza di Ana. La scuola Niño Jesus aveva una bella struttura: un teatro con un palco e sedie sufficienti per tutti i bambini. Rosanna fece una piccola introduzione e i trecento bambini si lanciarono in un applauso forte ed intenso come uno scroscio di pioggia improvviso. Già dalle prime scene li avevamo agganciati, erano attentissimi, partecipativi, ridevano e applaudivano con generosità. Lo spettacolo fu bellissimo e diede vita a un piccolo dibattito con i bambini animati da una delle maestre. Al termine dello spettacolo tutti i bambini in fila indiana sono venuti a salutarci con un “batti cinque” poi Massi ed io ci abbracciammo felici nel bagno della scuola. Ce l'avevamo fatta!




Doccia fresca e pranzo in compagnia. Qualche minuto sdraiata con le gambe in su e poi di nuovo al lavoro! Nel pomeriggio avemmo un corso con i promotori per realizzare oggetti con materiali riciclati: il portamonete di Tetrabrik, gli orecchini di tappi e i portacenere di lattina. I promotori, dalla pelle cosí nera da sembrare blu, erano le persone piú buone del mondo, mi sembravano incapaci perfino di dire una piccola bugia o di rubarsi una caramella. Il corso è stato divertente, animato soprattutto dal protagonismo e allegria di Massi e le promotrici se ne sono andate con indosso gli orecchini di latta e con i loro borsellini in mano.  





Eravamo cotti, il caldo e le attività ci avevano cucinato a fuoco lento. Io avevo l'inguine arrossato dallo sfregare delle mutande con il sudore e quasi non riuscivo piú a muovere neanche un passo. Mi sdraiai mentre con Massi ci guardavamo appagati ed innamorati. Avevamo bisogno di comunità rurali, di ridare un senso sociale al viaggio e ci ripromettemmo di continuare a lavorare così. I sogni si mescolavano ai progetti, le liste delle cose da fare erano un tutt'uno con le utopie e le assurdità. Uno stato davvero privilegiato ci faceva fluttuare per la vita a gravità zero.

LE COMUNITÁ LUNGO I FIUMI

Dopo il corso e lo spettacolo con il CECOMET, si offrì finalmente la possibilità di realizzare uno dei miei piccoli sogni nel cassetto: visitare una delle comunità indigene sui fiumi al nord di Esmeraldas. L'invito venne da Sonia, una suora comboniana di origine messicana, promotrice della salute del CECOMET. Così Massi ed io abbiamo preparato un piccolo zaino che comprendeva una bustata di viveri e un sacchetto di vestiti e scarpe in disuso. Insieme a Sonia, Maira (un altra missionaria comboniana) e una mezza dozzina di indigeni siamo saliti su una lancia che per due ore ha risalito il fiume Cayapa sulle cui sponde riconoscevo tutti i tipi di alberi tropicali.






NEGRI A MONTE, INDIGENI A VALLE

La comunità si divide in due parti nette e la chiesa si trova in mezzo e fa simbolicamente da punto di congiunzione. A monte ci sono i negri, a valle gli indigeni Chachi e nonostante i decenni di convivenza le differenze razziali sono molto marcate. Tanto per iniziare i Chachi parlano la loro lingua, il Chapalá, che i negri neanche capiscono. Le loro scuole sono divise e i bimbi difficilmente condividono i giochi. I negri vanno alla Messa ma difficilmente aiutano nei lavori comunitari; al contrario i Chachi sono sempre pronti a collaborare nei lavori comunitari ma non ne vogliono sapere di andare a Messa. I Chachi costruiscono con legno e paglia, gli afro preferiscono il cemento e la lamina di zinco. I Chachi sono riservati e monogami, i negri promiscui e festaioli. La lista delle differenze potrebbe continuare ma il nodo centrale è dato da alcuni casi di violenza, compresa la morte di alcune persone Chachi, di cui sono incolpate persone afro.











Il nostro giro per la comunità comprese anche il centro di salute, costruito di recente dal governo, pulito e abbastanza ben equipaggiato considerando che ci troviamo nel “culus mundi”. Nella comunitá c'è anche la scuola superiore e l'Università, che usa una metodologia semipresenziale ossia quindici giorni di classe intensiva ogni tre mesi.
Il tramonto sul fiume è stato molto bello: l'aria sembrava come sospesa, intrappolata nel silenzio del fiume e nella tranquillità del villaggio.




UNA MATTINATA DI GIOCHI.

Sonia si è fatta venire l'idea di una animazione comunitaria con i bambini per il giorno seguente e ha sparso la voce velocemente. Così il giorno seguente, dopo la Messa, abbiamo riunito una cinquantina di bambini e altrettanti adulti e li abbiamo messi a giocare. Nulla di complicato: “un due tre stella” per i piú piccoli e il gioco dei fazzoletto per i grandi. Io mi guardavo attorno e non ci potevo credere! Tanto i bambini che gli adulti ridevano a crepapelle, si piegavano in due dalle risate battendosi le mani sulle ginocchia, urlavano e gli spettatori si buttavano in mezzo al gioco per osservare meglio o discutere sui punti da assegnare. I negri allo stato naturale sono veramente dei casinisti!








La domenica pomeriggio abbiamo fatto una passeggiata per il villaggio. Mentre alcuni giovani giocavano a calcio, la maggior parte degli uomini adulti erano completamente ubriachi. Ogni tanto iniziavano a discutere e venire alle mani ed allora i bambini accorrevano ad assistere allo spettacolo mentre le donne si incaricavano di separarli e riportarli di peso alle loro case a forza di frustino di giunchi. Una scena abbastanza deprimente, tutto sommato. Sonia mi confermò che l'alcol è un grosso problema tra gli uomini chachi e tra i popoli indigeni in generale.

UN TORRETTANO A MUISNE

Un'altra bella settimana l'abbiamo passata a Muisne, un isolotto poco a sud di Esmeraldas insieme a Cristian e la sua famiglia. Cristian, come noi, è di Ancona anzi di piú: è di Torrette, il nostro quartiere. Da 10 anni vive ad Esmeraldas, si è sposato con Edith una donna bella e intelligente e ha due bei bimbi. Non capita tutti i giorni di stare a 9.000 km da casa e parlare di che fine hanno fatto le persone con cui giocavi da piccolo!  















L'ultimo giorno siamo stati nella spiaggia di Mompiche, anch'essa molto diversa da come la ricordavo ma ancora bella!


E mentre Ana arrivava finalmente in Argentina per la sua gran festa di compleanno e di benvenuto (qui sotto la sua torta di compleanno a forma di Banana!) noi salutavamo la costa esmeraldegna per tornare verso Quito. I ritorni sono sempre una sorpresa!



Ringraziamenti: al Cecomet, sopratutto a Rosanna e Mariella, per darci la possibilità di passare due bellissimi giorni a Borbón e per l'importante lavoro medico che fanno neli villaggi; a Cristian e su bella famiglia per la settimana trascorsa insieme. 

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