REPENTINI CAMBI DI PROGRAMMA
Avevamo giá la valigia
pronta per immergerci nella selva amazzonica quando per scrupolo
decido di dare una ultima occhiata alla mail. Trovo un messaggio di
Mariella del Cecomet che ci invita a partecipare ad una riunione dei
promotori di salute che si sarebbe tenuta un paio di giorni dopo a
Borbón, nella costa a nord di Esmeraldas, praticamente in direzione
opposta alla nostra!
In pochi minuti ci
risolviamo per il cambio di rotta e giuuuu in picchiata verso la
costa!!! E cosí mentre Ana viaggiava verso l'Argentina e noi verso
Esmeraldas, meditavo sui ritorni. Una notte a Santo Domingo de los
Colorados, in compagnia di Byron, un amico di vecchia data, e della
sua compagna Eva ci aiutano ad immergerci nei ricordi e nella
provincia afro dell'Ecuador.
UNA PREMESSA: COS'È IL CECOMET?
Il Centro di Epidemiologia
Comunitaria e Medicina Tropicale (o CECOMET appunto) è una
organizzazione di medici italiani che presta cure mediche nella zona
nord di Esmeraldas dove la selva tropicale è spolverata da minuscoli
villaggi di indigeni Chachi e afro lungo una fitta rete di fiumi che
fungono da vie di trasporto e sussistenza.
In quasi 40 anni, il
Cecomet ha formato centinaia di promotori di salute e levatrici nei
villaggi. Il loro compito è quello di contribuire alla prevenzione
delle malattie, prendere nota delle nascite, morti e malattie nel
villaggio, prestare le cure mediche basiche ai malati sul posto,
seguire i malati cronici (soprattutto ipertesi e tubercolotici) e le
gravidanze, riconoscere e trasferire immediatamente tutte le urgenze
agli ospedali. Il Cecomet coordina inoltre le visite periodiche dei
medici nei villaggi, da formazione e appoggio agli ospedali che si
trovano nelle cittadine piú grandi (Borbón e San Lorenzo) e applica
un metodo molto interessante di “epidemiologia su base
comunitaria”: lo studio delle malattie a partire dal vissuto della
gente dei villaggi che ha portato tra l'altro ad una raccolta del
sapere delle levatrici tradizionali sulla gravidanza e sul parto.
Credo che questa
descrizione risulti povera rispetto a tutto il gran lavoro del
Cecomet, cosí come non mi basteranno le parole per descrivere le due
donne in cui il Cecomet si personifica: Mariella e Rosanna due
dottoresse italiane che hanno dedicato rispettivamente venti e trenta
anni alla salute in questi villaggi. Le conoscemmo personalmente
sette anni fa, quando la mia amica, neo-dottoressa Maria Rita venne a
trovarmi a Esmeraldas e da allora sostenemmo il loro lavoro con
Tuttipertutti (i mercatini, le mosciolate, le bomboniere che molti di
voi conoscono bene) e grazie al lavoro di volontari e sostenitori,
per la veritá pochi ma perseveranti, riuscimmo a mandare loro fondi per pagare una infermiera, il cui ruolo è coordinare ed accompagnare le visite delle brigate mediche nei villaggi.
UN BELLISSIMO GIORNO A BORBÓN
Sveglia all'alba e caffè
Lavazza in tazzina piccola. Poi partenza dalla piazzetta di fronte
alla cattedrale in direzione Borbón. Il cielo si rischiarava poco a
poco, tingendosi di blu scuro, rosa, viola e poi celeste. La strada
che dalla città di Esmeraldas si dirige verso nord, su fino al
confine con la Colombia, costeggia l'oceano sulla sinistra mentre a
destra è una apoteosi di selva verdissima, palafitte di bambú e
piccoli fiumi. L'abbiamo percorsa con allegria e stupore, ascoltando
a tutto volume la nostra musica preferita. A Borbón arrivammo alla
casa del Cecomet dove Rosanna, Mariella e le loro compagne stavano
giá ordinando i viveri e i materiali del corso di formazione. La
cucina era piena di banane, arance, papaie, avocato e tantissimo
altra frutta tropicale per lo piú dono dei promotori o di abitanti
dei loro villaggi che li mandavano in segno di riconoscenza per le
cure mediche ricevute.
Rosanna ci aveva chiesto
di fare lo spettacolo di teatro in una scuola di Borbón ed ero
emozionata perchè per la prima volta Massi ed io avremmo fatto
l'opera da soli, da poco reduci dalla partenza di Ana. La scuola Niño
Jesus aveva una bella struttura: un teatro con un palco e sedie
sufficienti per tutti i bambini. Rosanna fece una piccola
introduzione e i trecento bambini si lanciarono in un applauso forte
ed intenso come uno scroscio di pioggia improvviso. Già dalle prime
scene li avevamo agganciati, erano attentissimi, partecipativi,
ridevano e applaudivano con generosità. Lo spettacolo fu bellissimo
e diede vita a un piccolo dibattito con i bambini animati da una
delle maestre. Al termine dello spettacolo tutti i bambini in fila
indiana sono venuti a salutarci con un “batti cinque” poi Massi
ed io ci abbracciammo felici nel bagno della scuola. Ce l'avevamo
fatta!
Doccia fresca e pranzo in
compagnia. Qualche minuto sdraiata con le gambe in su e poi di nuovo
al lavoro! Nel pomeriggio avemmo un corso con i promotori per
realizzare oggetti con materiali riciclati: il portamonete di Tetrabrik,
gli orecchini di tappi e i portacenere di lattina. I promotori, dalla
pelle cosí nera da sembrare blu, erano le persone piú buone del
mondo, mi sembravano incapaci perfino di dire una piccola bugia o di
rubarsi una caramella. Il corso è stato divertente, animato
soprattutto dal protagonismo e allegria di Massi e le promotrici se
ne sono andate con indosso gli orecchini di latta e con i loro
borsellini in mano.
Eravamo cotti, il caldo e
le attività ci avevano cucinato a fuoco lento. Io avevo l'inguine
arrossato dallo sfregare delle mutande con il sudore e quasi non
riuscivo piú a muovere neanche un passo. Mi sdraiai mentre con Massi
ci guardavamo appagati ed innamorati. Avevamo bisogno di comunità
rurali, di ridare un senso sociale al viaggio e ci ripromettemmo di
continuare a lavorare così. I sogni si mescolavano ai progetti, le
liste delle cose da fare erano un tutt'uno con le utopie e le
assurdità. Uno stato davvero privilegiato ci faceva fluttuare per la
vita a gravità zero.
LE COMUNITÁ LUNGO I FIUMI
Dopo il corso e lo
spettacolo con il CECOMET, si offrì finalmente la possibilità di
realizzare uno dei miei piccoli sogni nel cassetto: visitare una
delle comunità indigene sui fiumi al nord di Esmeraldas. L'invito
venne da Sonia, una suora comboniana di origine messicana, promotrice
della salute del CECOMET. Così Massi ed io abbiamo preparato un
piccolo zaino che comprendeva una bustata di viveri e un sacchetto di
vestiti e scarpe in disuso. Insieme a Sonia, Maira (un altra
missionaria comboniana) e una mezza dozzina di indigeni siamo saliti
su una lancia che per due ore ha risalito il fiume Cayapa sulle cui
sponde riconoscevo tutti i tipi di alberi tropicali.
NEGRI A MONTE, INDIGENI A VALLE
La comunità si divide in
due parti nette e la chiesa si trova in mezzo e fa simbolicamente da
punto di congiunzione. A monte ci sono i negri, a valle gli indigeni
Chachi e nonostante i decenni di convivenza le differenze razziali
sono molto marcate. Tanto per iniziare i Chachi parlano la loro
lingua, il Chapalá, che i negri neanche capiscono. Le loro scuole
sono divise e i bimbi difficilmente condividono i giochi. I negri
vanno alla Messa ma difficilmente aiutano nei lavori comunitari; al
contrario i Chachi sono sempre pronti a collaborare nei lavori
comunitari ma non ne vogliono sapere di andare a Messa. I Chachi
costruiscono con legno e paglia, gli afro preferiscono il cemento e
la lamina di zinco. I Chachi sono riservati e monogami, i negri
promiscui e festaioli. La lista delle differenze potrebbe continuare
ma il nodo centrale è dato da alcuni casi di violenza, compresa la
morte di alcune persone Chachi, di cui sono incolpate persone afro.
Il nostro giro per la
comunità comprese anche il centro di salute, costruito di recente
dal governo, pulito e abbastanza ben equipaggiato considerando che ci
troviamo nel “culus mundi”. Nella comunitá c'è anche la scuola
superiore e l'Università, che usa una metodologia semipresenziale
ossia quindici giorni di classe intensiva ogni tre mesi.
Il tramonto sul fiume è
stato molto bello: l'aria sembrava come sospesa, intrappolata nel
silenzio del fiume e nella tranquillità del villaggio.
UNA MATTINATA DI GIOCHI.
Sonia si è fatta venire
l'idea di una animazione comunitaria con i bambini per il giorno
seguente e ha sparso la voce velocemente. Così il giorno seguente,
dopo la Messa, abbiamo riunito una cinquantina di bambini e
altrettanti adulti e li abbiamo messi a giocare. Nulla di complicato:
“un due tre stella” per i piú piccoli e il gioco dei fazzoletto
per i grandi. Io mi guardavo attorno e non ci potevo credere! Tanto i
bambini che gli adulti ridevano a crepapelle, si piegavano in due
dalle risate battendosi le mani sulle ginocchia, urlavano e gli
spettatori si buttavano in mezzo al gioco per osservare meglio o
discutere sui punti da assegnare. I negri allo stato naturale sono
veramente dei casinisti!
La domenica pomeriggio
abbiamo fatto una passeggiata per il villaggio. Mentre alcuni giovani
giocavano a calcio, la maggior parte degli uomini adulti erano
completamente ubriachi. Ogni tanto iniziavano a discutere e venire
alle mani ed allora i bambini accorrevano ad assistere allo
spettacolo mentre le donne si incaricavano di separarli e riportarli
di peso alle loro case a forza di frustino di giunchi. Una scena
abbastanza deprimente, tutto sommato. Sonia mi confermò che l'alcol
è un grosso problema tra gli uomini chachi e tra i popoli indigeni
in generale.
UN TORRETTANO A MUISNE
Un'altra bella settimana l'abbiamo passata a Muisne, un isolotto poco a sud di Esmeraldas insieme a Cristian e la sua famiglia. Cristian, come noi, è di Ancona anzi di piú: è di Torrette, il nostro quartiere. Da 10 anni vive ad Esmeraldas, si è sposato con Edith una donna bella e intelligente e ha due bei bimbi. Non capita tutti i giorni di stare a 9.000 km da casa e parlare di che fine hanno fatto le persone con cui giocavi da piccolo!
L'ultimo giorno siamo stati nella spiaggia di Mompiche, anch'essa molto diversa da come la ricordavo ma ancora bella!
E mentre Ana arrivava finalmente in Argentina per la sua gran festa di compleanno e di benvenuto (qui sotto la sua torta di compleanno a forma di Banana!) noi salutavamo la costa esmeraldegna per tornare verso Quito. I ritorni sono sempre una sorpresa!
Ringraziamenti: al Cecomet, sopratutto a Rosanna e Mariella, per darci la possibilità di passare due bellissimi giorni a Borbón e per l'importante lavoro medico che fanno neli villaggi; a Cristian e su bella famiglia per la settimana trascorsa insieme.
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