Siamo stati tre settimane a Medellín ma, pensandoci bene, siamo
stati tre settimane in una cittá di nome Adriana.
Adriana non era piú la stessa che avevamo conosciuto qualche anno fa
in El Salvador. I suoi capelli ora sono corti e pieni di fili di
argento, il suo corpo è stato intagliato da un viaggio di un anno
per l'America Latina e la pelle sembrava piú giovane. E' una maestra
di quello che ogni donna e ogni uomo potrebbe divenire per quel suo
ostinato impegno ad essere felice.
Un pó di foto della casa di montagna di Adriana:
Tutto
quanto ci ha offerto Medellin è stato attraverso di lei: il vino
buono, il letto comodo, la vista sul bosco, il silenzio della
montagna, l'abbraccio dei suoi genitori, il canto delle donne rifugiate, le serate urbane e quelle a osservare la
luna.
Nella sua casa in montagna a La Ceja abbiamo salutato Marìa La Negra, che ci ha accompagnato in questa tappa colombiana per tre mesi e abbiamo reincontrato due sorelle: Alessia, detta La Reina, amica dei tempi di Esmeraldas e Gloria, collega e amiga colombiana, conosciuta in El Salvador.
María La Negra:
Con Gloria y Adriana:
Alessia, La Reina con la Banana:
Adriana ci ha aperto l'abbraccio dei suoi genitori, Consuelo e Humberto, ci ha fatto coccolare dalle sue amiche, ci ha fatto da manager con l'opera di teatro e da guida turistica per Medellín.
Adriana ha viaggiato e sa che cosa fa felice un viaggiatore. E ha
imparato che la vita è il presente, che i viaggiatori passano e se
en vanno, che hai che godere al massimo di ogni minuto che possiamo
condividere. Niente a Medellin sarebbe stato lo stesso senza
di lei.
Grazie Adriana!
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Alcune degli spettacoli di teatro nelle scuole rurali di La Ceja:
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MEDELLÍN
Medellin è una specie di altalena tra quello che è e quello che
vorrebbe essere.
Da
un lato c`é il Metrocable:
moderno, inedito, pulito e ordinato come neanche l'entrata di casa di
mia madre.
Il
Metrocable, inaugurato appena due anni fa, ti da una panoramica in
volo della povertá, della miseria in cui vivono soprattutto i
rifugiati e ti ricorda che in Colombia esiste un conflitto, una
guerra inutile che dura da 40 anni, che ogni giorno continuano a
arrivare dei rifugiati che occupano i terreni che trovano con
materiali di fortuna; ti permette di sbirciare fin dentro alle
singole baracche in modo quasi pornografico: la signora che fuma in
balcone con i bigodini in testa, le mutande strappate appese in
terrazza, il cane che prende una bastonata da un adolescente.
E infine dall'alto del Metrocable ricevi una visione d'insieme della
metropoli, una vertigine urbana che percorre le montagne come un
cancro, migliaia, milioni di case e baracche, mattoni e lamiere
incastonate in un mosaico che sembra un'orgia.
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LA CULTURA
METRO
Medellín vorrebbe essere come il suo metro che attraversa
decorosamente la cittá mentre una voce pre-registrata, morbida e
mielosa come zucchero filato, diffonde “i dieci principi della
cultura metro”.
Alla
fermata seguente il metro spara “Sorridi! Non aver paura
di essere felice, ricorda che la vita va avanti!”
e inizi a guardare le reazioni dei vicini, tutti ovviamente con un
volto da funerale, pensando di essere vittima di una candid
camera.
Poco dopo il metro
sferza un altro colpo: “Vivi la tua vita in modo da non
aver tempo di lamentarti e sarai perfettamente felice!”
e ti rendi conto di essere dentro a un esperimento orwelliano di
“ipnosi di massa”.
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Ma Medellín non è sempre quello che vorrebbe essere; Medellín è
anche la casa di Rosemei, una delle tante afferrata alla periferia
dello sviluppo, dove è arrivata incinta scappando dal Chocó per la
guerra, con suo marito e due bambine piccole. Vivono una povertá che
descrivere sarebbe fare una miserabile e deprimente lista. Povertá
solamente economica perché Rosemei ha una forza d'animo che le
pagherei tutto l'oro del mondo, ha una voce che sembra il fiume
Madgalena con cui canta canzoni che lei stessa compone dedicandole
alle sue radici africane, ha un marito buono come il pane e tre
bambine che ballano come prese da un attacco di convulsioni appena si
accende lo stereo, ha un potere magico con cui ci benedice. Passare
una ora a casa sua è una lezione di dignitá e resistenza, un
antidoto istantaneo contro ogni paranoia, ogni sega mentale con cui
ci torturiamo inutilmente in mancanza di problemi reali.
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LOCOMBIA
(Alcune delle perversioni della Colombia).
Tanto per iniziare tutta la sua popolazione colombiana è divisa in sei strati
sociali a seconda del salario e del tipo di casa: zero per gli indigenti senza tetto, sei per i milionari che vivono in mansioni. Ogni persona è bollata da un numero da zero a sei che pure sui documenti come la bolletta della luce e ti chiedono a che strato appartieni quando cerchano lavoro, chiedono un visto per l'estero o iscrivono i figli a scuola.
I quartieri periferici di Medellín sono pieni delle cosí dette “linee invisibili” che inghiottono la vita di chi le
oltrepassa senza permesso. Si conoscono come “falsi positivi”, ragazzi
innocenti fatti sparire, uccisi e poi mascherati da guerriglieri per
poter ingrassare le statistiche dell'esercito in questa guerra
assurda. I militari infatti ricevono promozioni, aumenti di salario e giorni di permesso ogni volta che uccidono un guerrigliero delle Farc... o almeno qualcuno travestito da guerrigliero.
E si puó
continuare con i “desplazados” che la guerriglia, i paramilitari
o l'esercito hanno obbligato a lasciare le proprie terre e a cui oggi
si risponde con una controversa “legge di riparazione”: un pezzo
di terra in cambio degli abusi e delle violenze ricevute.
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ANA BANANA CONTRO LO STATO COLOMBIANO
Ma lí si è sentita dire di
essere illegale (o clandestina) da un mese e che aveva due opzioni:
pagare una super multa o auto-deportarsi fuori dal paese entro 3
giorni. Ma come? Nel passaporto appariva chiaramente un permesso di
permanenza turistica 90 giorni! Sí, il funzionario che l'ha ricevuta
al suo arrivo in aeroporto gli ha scritto 90 giorni sul passaporto ma
ha digitato 60 giorni nel computer. Una svista o un meccanismo
premeditato per applicare multe ingiuste e ridere in faccia ai
cittadini inermi?
Ana, radicalmente intollerante con ogni tipo di
abuso, peggio ancora se istituzionale, ha piantonato l'ufficio per
tre giorni piangendo e difendendosi, sola di fronte a una schiera di
facce dure di funzionari maschilisti e ben addestrati. Non sentivano
ragioni: il numero che appariva nel loro schermo facevano di Ana una
clandestina, questa è la legge ed è inappellabile. Appellarsi o
mettere un avvocato é calarsi in una odissea costosa e inefficace.
Ana ha deciso di farlo e siamo ancora in attesa che leggano il suo
caso. Per non pagare una multa ingiusta ha deciso di auto-deportarsi e visto che c'è, sta approfittando della sua situazione di clandestinità per qualche settimana in piú.
Non ci consola affatto pensare che questo è solo una briciola
degli abusi e la violenza che vive il popolo colombiano per mano
dello Stato. Molte, moltissime persone lottano per il rispetto dei
diritti umani in questo paese mentre il resto del mondo dipinge la
Colombia come il paese della cocaina e della cuccagna.
Sorprendentemente Medellín è una cittá che ti ripaga per lo sforzo
che fai di sopportarla. Mi sembra di innamorarmi ogni dieci minuti,
di uomini e donne indistintamente. Ci sono donne di una bellezza che
è molto di piú di una condizione fisica, è un modo d'essere, di
abbracciare la vita. Gli uomini non importa se indossano una camicia
elegante o una maglietta sdrucita: hanno uno sguardo diretto e senza
filtri che mi cattura ogni istante. Mi innamoro tutto il tempo di
queste persone e penso che anche loro devono passare la vita ad
innamorarsi gli uni degli altri.
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