L'AMORE NON È BELLO...
Al nostro arrivo in Perú,
a fine novembre, Massi e io prendemmo una piccola rivoluzionaria
decisione: passare un paio di settimane separati. Niente di grave ma
da quasi due anni passiamo insieme 24/7, una convivenza tra l'altro
in uno spazio ridotto e in condizioni emozionali “sovra-esposte”
come quelle del viaggio. Se a questo si aggiunge la necessitá di
lavorare assieme... si salvi chi puó!
Per questo, dopo alcuni
giorni passati nelle grandi spiaggie del nord del Perú (Mancora,
Organos, Punta Sal), dove un terra rossa e bruciata dal sole si
incontra con l'oceano Pacifico, Nico preparó lo zaino con un unico
obbiettivo: attraversare la selva peruviana e arrivare a Iquitos in
barca.
NAVIGANDO PER IL RIO DELLE AMAZZONI
Iquitos è una cittá
nella selva amazzonica del Perú, la città più grande al mondo dove
non si può arrivare in auto, ma solo in aereo o in barca. Via
fluviale, per chi viene da nord, vi si arriva navigando il Fiume
Marañon a partire da Yurimaguas; da sud invece il punto di partenza
è Pucallpa.
Arrivai al porticciolo di
Yurimaguas e mi imbarcai sulla motonave fluviale “Eduardo VI”:
una tavola di legno faceva da ponte con la terra ferma e su una
lavagna c'era scritto a gesso “Partenza domani, ore 3, senza
dubbio”.
Il viaggio duró due
giorni e tre notti, l'imarbazione era stracolma di esseri umani e
mercanzie. La maggior parte delle persone dormiva in amaca tutti
attaccati gli uni agli altri. A differenza di quanto immaginassi, la
vita a bordo era abbastanza vivace: tre cuochi gay cucinavano e
servivano i pasti ai passeggeri, i vicini di amaca ti stavano cosí
vicini che era impossibile non iniziare a chiacchierare e si formó
una specie di famiglia contingente.
Molti viaggiano per
lavoro, altri per andare a trovare la familia, altri sembrano che
viaggino solo per convertire i peccatori a Dio e poi c'era uno
sparuto gruppo di turisti che con gli occhi strabuzzati osservavano
dall'alto le operazioni di carico e scarico: giocattoli, banane,
centinaia di casse di birra e gazzose dai colori improbabili, casse
di frutta e manghi, frigoriferi e schermi LCD che venivano fatti
rotolare fino a terra. Passai il viaggio saltando da una
conversazione all'altra, da una storia all'altra, da una vita
all'altra mentre il fiume avanza deciso e una linea di selva sfila
senza interruzione tra cielo e acqua. “Wow, che avventura!”
pensavo tra me e me, ma ancora non sapevo che il bello doveva ancora
arrivare!
CINQUE MINUTI AD IQUITOS
Molti
viaggiatori navigano a Iquitos e poi proseguono per il Rio delle
Amazzoni fino al Brasile, un viaggio spettacolare che dura oltre una
settimana. Io certamente non potevo porchè dovevo tornare a Quito e
qualcuno mi mise la idea che da Iquitos era possibile navigare anche
fino all'Ecuador, ma nessuno sapeva infomazioni precise a riguardo e
sembrava che l'imbarcazione per l'Ecuador partisse solo un paio di
volte al mese. Arrivammo a Iquitos di lunedí, alle 4.30 del
pomeriggio e come in accadeva in ogni porto, uno sciame di venditori
ambulanti, pseudo-guide turistiche e personaggi vari si accalcavano
intorno ai turisti per vendere loro qualche albergo o tour della
selva. Chiesi a uno di loro e mi disse che la barca per l'Ecuador
sarebbe giusto partita il giorno seguente: wow che fortuna! Comunicai
la notizia a José, uno spagnolo che aveva l'intenzione di fare
quello stesso percorso. José andó a chiedere informazioni al molo e
tornó di corsa gridando: “Corri, corri, la barca per l'Ecuador
parte adesso!”. Saltammo da una nave all'altra fino ad una
imbarcazione chiamata “Cabo Pantoja”; ebbi giusto il tempo di
comprare 3 bottiglie d'acqua e 2 rotoli di carta igienica e salpammo
di nuovo. E fu cosí che i miei piedi toccarono il suolo di Iquitos
per non piú di 5 minuti!
Fu subito
chiaro che la “Cabo Pantoja” non era propiamente un luogo per
turisti. I bagni e la cucina erano una specie di girone infernale, il
ponte inferiore era pieno di anime dannate ad un tanfo schifoso e sul
ponte superiore si stava svolgendo una riunione familiare ed erano
tutti ubriachi. Nonostante ció non eravamo gli unici turisti: oltre
a José, lo spagnolo, e a me, italiana, c'era pure Flora, una
francese e Joanes, un tedesco. Sembrava il degno inizio di una
barzelletta.
OTTO NOTTI IN AMACA
Iniziammo la
navigazione che duró otto indimenticabili giorni, la barca avanzava
alla velocitá di una bicicletta e si fermava in ogni villaggio per
caricare e scaricare merci. Anzi spesso si fermava pure dove non
vedevamo nessuna casa e inspiegabilmente uscivano dalla selva uomini,
donne e bambini indigeni che, chissá come, aspettavano la barca.
Il
viaggio ci regaló albe e tramonti cosí belli che ci mettevamo a
ridere per la felicitá, avventure degne di un libro di Garcia
Marquez, tranqullitá e tante belle chiacchierate.
In alcune comunitá
potemmo scendere a camminare per la selva, fare il bagno nel fiume e
in un villaggio si organizzó addirittura una partita di pallone tra
locali e passeggeri.
L'arrivo della barca era un evento e tutto il
villaggio veniva a guardarci, i passeggeri e i locali si salutavano e
si conoscevano tutti come fosse un solo paesotto di dimenzioni
amazzoniche.
E poi le notti erano emozionanti, mi fermavo sul ponte
quando tutti dormivano, la luna piena illuminava la selva e l'acqua
si convertiva in un fiume d'argento, a volte spegnevano i motori e
rimanevamo a scivolare sull'acqua in totale silenzio.
PESCANDO PIRANHAS CON LA PULA ECUATORIANA
Ma i regali
non erano ancora finiti. Dopo 8 giorni arrivammo in Ecuador dove
trovammo che i poliziotti di frontiera stavano chiudendo il loro
ufficio per andare a pesca di piranhas nella Riserva Yasuni.
Senza
commentare il fatto che la polizia andasse a pesca in una riserva
dove ovviamente pescare è proibito, il fatto è che la Riserva
Yasuní è uno dei luoghi piú importanti del pianeta.
E' una riseva
di selva amazzonica primaria che ha la più alta diversità biologica al mondo. Vi vivono alcune delle ultime popolazioni indigene in isolamento volontario,
è molto difficile entrarvi, solo hanno accesso biologi e studiosi o
turisti disposti a sborsare migliaia di dollari. Questa riserva è
stata inoltre protagonista di una iniziativa di conservazione unica
al mondo: l'iniziativa Yasuni, appunto, ideata dal governo di Correa
(vedete
questo video se volete saperne di piú).
Fatto sta
che, poche ore dopo, ci trovavamo a pescare piranhas dentro al Parco
Yasuni!
Questo luogo è davvero indescrivibile, uccelli colorati e
delfini rosa ci hanno accompagnati fino a una laguna spettacolare
popolata di pirahnas, coccodrilli e boa. Assistimmo a un tramonto
glorioso e tornammo indietro a notte inoltrata. Fu indimenticabile.
Questa
avventura si concluse un paio di giorni quando arrivai a Quito. Quito
stava giusto celebrando la sua fondazione ed c'erano concerti,
sfilate e feste dapper'tutto; la mia amica spagnola Bea festeggiava
il suo compleanno e la mia amica romana Ceci aveva appena partorito
la sua prima figlia femmina. I motivi per festeggiare insomma non
mancavano!
Ed ora il
momento delle note:
NOTA 1
(importante): i guardaparchi beccarono i polizziotti che volevano
pescare, cosí sequestrarono le canne, non pescammo assolutamente
niente e lo Yasuni rimase illeso. ;-)
NOTA 2
(molto importante): questo testo è solo un frammento di tutto quanto
abbiamo vissuto in questo viaggio amazzonico. Se vuoi leggere il
testo completo scrivimi e te lo manderó con molto piacere:
nicoletta.marinelli@libero.it
NOTA 3
(importantissimo!!!): amiciiiii arriviamooooo! Il 20 di dicembre
Massi ed io arriveremo in Italia, speriamo di riabbracciarvi tutti. A
presto!